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venerdì 22 aprile 2011

La Rivoluzione




Ernesto Guevara de la Serna

Prima della rivolta nei paesi arabi, il termine Rivoluzione era una parola lontana, d’altri tempi. I nostri genitori forse ne hanno un vago ricordo, noi al contrario, ragazzi nati in anni successivi, siamo cresciuti solamente accompagnati dal mito di personaggi che hanno scritto importanti pagine di storia. Siamo troppo giovani per ricordare la resistenza partigiana o il vento di rivolta ai tempi del Che, ma non troppo vecchi da aver perso quel sentimento che per anni ha infiammato le successive generazioni di ragazzi.
Subcomandante Marcos
L’informazione (o meglio, la non informazione) italiana ha deciso di trascurare, per ignoranza o malafede, ciò che avviene nel resto del mondo. Tralasciando la rivoluzione araba che per ovvi motivi è sotto i riflettori di mezzo mondo, quante persone sono a conoscenza di quello che sta avvenendo nel resto dell’Africa o in America Latina? Quanti ragazzi conoscono il Chiapas in Messico?
Voglio soffermarmi proprio su quest’ultimo.
Il Chiapas è lo stato più povero del Messico dove vivono migliaia e migliaia di indigeni. Se proprio vogliamo dirla tutta, chi più di loro ha diritto di vivere in pace e serenità sulla propria terra? Invece sono trattati dal governo messicano come scarti, rifiuti della società, costringendoli a vivere in condizioni di povertà più assoluta. La situazione è tutt’ora critica, ma almeno la gente ha detto “YA BASTA”.
Nel 1994 L’EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) ha dato il via alla rivoluzione che proseguirà fino ad oggi.
Ci troviamo davanti al primo rivoluzionario del nuovo millennio, il Subcomandante Marcos, portavoce dell’EZLN e simbolo di questa rivoluzione. Anche se il Sub si definirà un ribelle civile e non un rivoluzionario a tutti gli effetti; come scriverà nel libro “Nei nostri sogni esiste un altro mondo”, il rivoluzionario è colui che si pone a capo di masse popolari con lo scopo di prendere il posto del governo precedente, mentre il ribelle sociale è un cittadino che ha delle rivendicazioni, ottenute le quali torna alla normalità della vita civile.
Perché i giornali e i telegiornali non parlano di tutto questo?
 Come dirà Marcos in un intervista del 2009 “Siamo passati di moda”.
Comunque l’EZLN, pur passando momenti di grande crisi, è riuscita a dare un minimo di dignità a tutte le persone del Chiapas, soprattutto con la nascita delle “Giunte del Buon Governo”, ma è solamente l’inizio.




Torniamo all’Italia.
 Ultimamente mi sono imbattuto in numerosi cartelli e slogan che recitano: “La rivoluzione è possibile anche da noi”.
E’ realmente possibile fare la rivoluzione in un paese occidentale e civile (civile?) come l’Italia? Beh in teoria i presupposti ci sono quasi tutti: corruzione alle stelle, classe politica corrotta e corruttrice, disoccupazione giovanile e non solo, divario sempre più ampio tra ricchi e poveri, pochi soldi, prezzi alti, un paese paralizzato, sempre più famiglie non riescono ad arrivare a fine mese, tagli economici in ogni settore tranne ovviamente nei privilegi dei politici, ecc. ecc.
Molte persone pensano che fino a quando si ha un piatto di cibo sotto al naso e un tetto sopra la testa, perché sacrificare tutto, compresa la propria vita? Logicamente la risposta è “ma per stare meglio no?”.
 Il fatto è che quasi tutti noi possiamo ancora permetterci di andare ogni tanto con gli amici al cinema, farci una partita a calcetto, andare a mangiare una pizza, comprare un paio di scarpe nuove. Certo la situazione sta peggiorando a vista d’occhio, ma come si può chiedere a queste persone di lasciare tutto questo per andare a fare la rivoluzione?
L’Italia assomiglia molto ad una mela, esteticamente bella e profumata, ma internamente marcia e piena di vermi. Non viviamo in un paese normale, ma non si muore ancora di fame per fortuna.
Fondamentalmente penso sia questo il motivo principale per cui parlare di rivoluzione in Italia, non dico non abbia senso, anzi, ma quanto meno è abbastanza un’utopia.
Libri consigliati: 1) Nei nostri sogni esiste un altro mondo (Marcos)
 2) La fattoria degli animali (G. Orwell)

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