Cerca nel blog

sabato 7 maggio 2011

L'enigma del solitario e l'indifferenza

Prendiamo come punto di riferimento la figura più intrigante del romanzo di Joistein Gaarder, in L’enigma del solitario, vale a dire il jolly.
Gaarder all’interno del suo romanzo descrive un isola abitata da nani (no, non è lui), i quali sulle spalle hanno un seme e un numero delle carte da gioco. Leggendo il libro però ci si accorge ben presto che questa sorta di carte animate non sono intelligenti. In senso lato non sanno chi sono, dove si trovano e da dove vengono.
Il fatto interessante è che quest’ultimi sembrano completamente disinteressati dalle origini e dal mondo che li circonda e non fanno nulla per mutare la loro condizione, ricorrendo al pensiero filosofico di Eraclito, di dormienti. L’unica cosa che sappiamo su di loro è che a seconda del seme hanno compiti differenti. Ad esempio i fiori lavorano la terra, i quadri  il vetro, i cuori fanno il pane e le picche sono forti e armate. Stop.
L’unica figura differente che emerge da questa sorta di società apatica è quella del jolly.
Fin dall’inizio Gaarder ci fa capire che la matta rappresenta la figura del filosofo, distinguendosi dal resto delle carte per il differente modo di pensare. Infatti il jolly, consapevole della sua ignoranza, aspira a conoscere più cose possibili su se stesso e su ciò che lo circonda. La grande differenza quindi con il resto delle carte è che il jolly non si accontenta. Non gli basta di vivere in quella realtà a lui ignota, ma di comprenderla il più possibile.
Torniamo a noi.
Senza dubbio Gaarder, in L’enigma del solitario, come d’altro canto in tutti i suoi romanzi, manda un messaggio dal punto di vista filosofico. L’essere umano, in quanto tale, non potrà mai raggiungere il sapere supremo, ma ha la possibilità di mutare il suo stato di dormiente interessandosi a quel miracolo che è la vita e di conseguenza a tutto ciò che lo circonda. In poche parole vuole rendere l’uomo vivo.
Questo è il messaggio che ho colto e che logicamente può variare da persona a persona.
Provando  a vedere il romanzo sotto un altro punto di vista, ovvero non prettamente filosofico, ci accorgeremo che la figura del jolly non rappresenterà solamente il filosofo, ma il cittadino. Stiamo parlando quindi di colui che si informa e che partecipa attivamente alla vita civile. Al contrario, i nani dell’isola, non chiedono e non domandano nulla a nessuno, ma si accontentano di subire l’alternanza degli eventi, sia essi positivi che negativi. Semplicemente sono coloro che non si interessano. Proprio quest’ultimi sono i più pericolosi per una democrazia, in quanto rischiano di far precipitare nel baratro un paese senza nemmeno rendersene conto. In questo caso, a chi spetta poi il compito di risollevare la situazione?
Logicamente ai jolly.





Giusto per rendere l’idea, aggiungo qualche riga scritta da Antonio Gramsci.

Antonio Gramsci
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

                                                                                          A. Gramsci

2 commenti:

  1. Ho appena letto il tuo articolo su "Voce dal basso", anch'io ogni tanto scrivo per loro, complimenti sia per come scrivi, che per i contenuti. Molto carino anche il tuo blog. Se c'è un modo per inserirti tra i preferiti e poterti seguire (aggiornamenti via mail sarebbe l'ideale) lo farei volentieri.
    Un consiglio da blogger...perchè non scrivi due notizie su di te?

    RispondiElimina
  2. Grazie per i complimenti. Per il consiglio vedo di provvedere, anche se dovrò capire come fare ad inserire gli aggiornamenti via mail.

    RispondiElimina